Emofilia in Italia: le sfide del Servizio Sanitario Nazionale tra innovazione ed equità

Emofilia in Italia: le sfide del Servizio Sanitario Nazionale tra innovazione ed equità

Emofilia in Italia e Servizio Sanitario Nazionale: accesso alle cure, terapie innovative e reti assistenziali per una vita normale

L’emofilia in Italia rappresenta un banco di prova per il Servizio Sanitario Nazionale, chiamato a garantire diagnosi tempestive, terapie innovative ed equità di accesso alle cure su tutto il territorio. La malattia rara richiede modelli organizzativi efficaci, reti di centri specializzati e percorsi omogenei tra le Regioni, per permettere alle persone con emofilia di condurre una vita sempre più vicina alla normalità, riducendo le disuguaglianze territoriali e migliorando la qualità della presa in carico.

All’Istituto Sturzo di Roma, il Dialogue Meeting “Emofilia – quando la quotidiana normalità è possibile”, promosso da RH+ Regional Health Positive, ha riunito istituzioni, clinici, associazioni e rappresentanti delle sanità regionali per confrontarsi sui modelli di presa in carico, sulle reti assistenziali e sull’impatto dell’innovazione terapeutica nei diversi sistemi regionali.

Al centro del dibattito, la necessità di ridurre le disomogeneità territoriali. La gestione dell’emofilia oggi si fonda su una rete di centri specializzati e su modelli organizzativi capaci di garantire continuità assistenziale e prossimità ai pazienti.

Secondo Matteo Dario Di Minno, responsabile del Centro Emofilia del Policlinico Federico II di Napoli, uno dei nodi critici resta la diagnosi: “Per l’emofilia grave dovremmo avere circa un paziente ogni 5.000 maschi, ma sono decisamente di meno: esiste una quota di sottodiagnosi”, soprattutto nelle forme moderate e lievi, che possono comunque dare manifestazioni emorragiche significative.

In Italia sono attivi circa 51 centri emofilia, più di uno per Regione, un numero che garantisce l’accesso alle cure, ma non sempre con standard omogenei. Da qui l’esigenza di una rete organizzata secondo il modello hub and spoke, con centri di riferimento regionali per i casi complessi e strutture di prossimità per l’assistenza quotidiana.

Questa organizzazione, tuttavia, presenta ancora criticità. “Le emergenze e i pronto soccorsi non sono integrati nei centri emofilia e viceversa”, ha sottolineato Di Minno, evidenziando come gli imprevisti possano diventare momenti critici nella gestione quotidiana dei pazienti.

A pesare è anche la frammentazione del sistema: “Di fatto abbiamo un unico SSN, ma 20 sistemi sanitari regionali con regole, tempi e priorità differenti”, una variabilità che si riflette in modo evidente sull’accesso alle terapie innovative per l’emofilia.

Negli ultimi anni, infatti, il settore ha vissuto un fermento senza precedenti. Nuove terapie consentono livelli di protezione sempre più elevati, ma il loro accesso è spesso eterogeneo. I tempi che intercorrono tra l’approvazione AIFA e la reale disponibilità nelle farmacie ospedaliere regionali sono variabili, creando differenze che incidono direttamente sulla qualità della vita dei pazienti.

Per Fabrizio Capetta, General Manager e Amministratore Delegato di Sobi Italia, “il mondo dell’emofilia è completamente cambiato”. Le nuove terapie permettono oggi di raggiungere livelli di fattore VIII impensabili in passato e di avvicinarsi a una vera normalizzazione dell’emostasi, rendendo la vita delle persone con emofilia sempre più paragonabile a quella di chi non convive con la patologia.

Questo cambiamento ha un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico. Enrico Ferri Grazzi, segretario generale di FedEmo, ha ricordato che l’emofilia è una patologia ad alto costo, ma che va valutata in una prospettiva più ampia: “Gli investimenti hanno migliorato gli outcome clinici e la qualità di vita, permettendo ai pazienti di lavorare e di essere inclusi nella società”.

Ridurre il burden clinico significa anche abbattere i costi indiretti: meno disabilità, maggiore produttività, più partecipazione alla vita sociale. “Siamo arrivati a un punto in cui possiamo avere un’inclusione reale nella società, con qualità e aspettativa di vita comparabili”, ha sottolineato Ferri Grazzi.

La sfida ora è l’equità: garantire a tutti i pazienti le stesse opportunità, indipendentemente dalla Regione di residenza. Dopo i passi da gigante compiuti sul piano terapeutico, resta aperto il tema dell’accesso uniforme alle cure, dei percorsi organizzativi e del supporto nella vita quotidiana.

Guarda il servizio completo su YouTube.com/PianetaSalute per ascoltare le interviste e scoprire tutti i dettagli del progetto.

L’emofilia diventa così un vero banco di prova per un modello di sanità capace di coniugare innovazione, organizzazione ed equità, riaffermando il diritto alla salute come valore uniforme su tutto il territorio nazionale.

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