Tappa a Bari per “I Misteri delle parole”, il tour che approfondisce il dialogo tra medico e paziente in oncologia
A Bari la quinta tappa de “I Misteri delle parole”, un talk show per approfondire il significato delle parole che sono alla base della comunicazione tra medico e paziente in oncologia.
Tra i partecipanti lo scrittore Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega.
Diagnosi, prognosi, metastasi e percorso, le parole al centro dell’indagine del quinto appuntamento ospitato nella città pugliesedopo Monza, Udine, Torino e Roma.
La città pugliese ha ospitato ieri la quinta tappa del tour “I misteri delle parole”. Diagnosi, prognosi, metastasi e percorso sono le parole approfondite nell’indagine in diretta che si è svolta ieri pomeriggio all’interno dello Spazio Murat per approfondire il significato e il peso del dialogo tra medico e paziente. Una riflessione sui vari aspetti della comunicazione in Oncologia, e sull’impatto che le parole tra medico e paziente possono avere sulle cure nonché sulla qualità di vita del paziente.
“I Misteri delle parole” fa parte de “Il senso delle parole – Un’altra comunicazione è possibile”, la campagna promossa da Takeda Italia con il sostegno di AIL, AIPaSiM, Fondazione Paola Gonzato-Rete Sarcoma ETS, Salute Donna ODV e WALCE e con il patrocinio di Fondazione AIOM, che ha l’obiettivo di migliorare la comunicazione tra oncologi e pazienti e favorire una migliore comprensione dei bisogni psico-sociali delle persone che convivono con una diagnosi di tumore.
Al talk show, condotto dal giornalista Daniele Amoruso, hanno partecipato i rappresentanti delle Associazioni partner del progetto, Annamaria Tosto, Vicepresidente AIL Bari, Giuseppe Cafiero, Presidente AIPaSiM e Domenico Galetta, Vicepresidente WALCE e Responsabile SSD Oncologia Medica Patologia Toracica IRRCS Istituto Oncologico Giovanni Paolo. Insieme a loro il linguista Giuseppe Antonelli, curatore del Dizionario Emozionale, che ha raccolto le 13 parole più frequenti nella relazione di cura tra medico, paziente e caregiver in ambito oncologico e ha spiegato come funzionano queste parole e perché a volte possono ostacolare la comprensione e il dialogo tra medico e paziente. Hanno partecipato in via straordinaria lo scrittore e giornalista Nicola Lagioia, vincitore nel 2015 del Premio Strega per il romanzo “La Ferocia” e gli attori Maria Aaris e Valentino Tito, interpreti degli episodi “Una questione di famiglia” e “Roby, Mery e l’intruso” tratti dal podcast, disponibile sul sito www.ilsensodelleparole.it per raccontare esempi di dialogo tra oncologi, pazienti e caregiver.
È necessario sviluppare e affinare le competenze comunicative di medici e pazienti nei vari contesti di cura per costruire un linguaggio condiviso fatto di parole che facilitino il dialogo e la comprensione reciproca. Le parole devono diventare materiale legante nella costruzione del rapporto tra medico e paziente, fondato sulla reciproca fiducia ed empatia.
«Il tema della comunicazione in Oncologia è un nodo molto complesso e delicato, come tutte le questioni complesse non c’è un’unica soluzione – dichiara Annamaria Tosto, Vicepresidente AIL Bari – l’iniziativa di Takeda Italia offre un ulteriore contributo a questo problema perché intende migliorare la relazione tra medico e paziente, quanto meno solleva un’attenzione specifica soprattutto da parte dei medici che sono i protagonisti della relazione e della comunicazione con i pazienti e i caregiver. Qualsiasi forma di comunicazione non può essere costretta dietro rigide e poche regole, perché non si tratta solo di un problema di parole, dette o non dette, ma di un rapporto empatico medico-paziente che va costruito. Concentrarsi sull’uso appropriato delle parole è un’idea positiva che contribuisce a migliorare la comunicazione, ma la parola richiede prima di tutto l’instaurarsi di una relazione che deve evolvere nel tempo e deve passare anche attraverso l’ascolto e la soddisfazione dei bisogni e delle aspettative dei pazienti».
Il livello di conoscenza del significato delle parole è differente tra oncologo e paziente: per il medico è tecnico mentre per il paziente è emotivo. Giuseppe Cafiero, Presidente AIPaSiM sottolinea che «Il problema della comunicazione tra queste due figure e il terzo protagonista, il caregiver, è quello di riuscire a creare un ponte tra i due linguaggi, quello dello specialista che racconta la malattia dal punto di vista dei dati scientifici e quello del paziente che focalizza la sua condizione di malato, mediata da fattori culturali ed emotivi. Se la comunicazione fluisce correttamente tra i due, il rapporto si stabilizza sul piano della fiducia e di una visione obiettiva. Il paziente che per la prima volta si imbatte nelle parole diagnosi, prognosi, metastasi, percorso deve assimilare le informazioni e solo se il medico usa le parole giuste, tenendo conto della capacità di comprensione del paziente e del suo disagio emotivo, si creerà un rapporto positivo. Fondamentale la capacità di facilitatore operata dal caregiver o da un’Associazione pazienti che possono essere disponibili all’ascolto di entrambi i protagonisti del percorso di cura».
«Una comunicazione chiara, semplice, rassicurante ed efficace è fondamentale non solo per il rispetto che il medico deve portare nei confronti del paziente ma anche perché le conoscenze scientifiche che oggi si susseguono in maniera vorticosa stanno aprendo molte possibilità di cura rispetto al passato – aggiunge Domenico Galetta, Vicepresidente WALCE e responsabile SSD Oncologia Medica Patologia Toracica IRCCS Istituto Oncologico Giovanni Paolo II di Bari – e queste sono informazioni che non solo vanno date al paziente ma devono essere trasferite correttamente anche perché tutto ciò si traduce in una comunicazione positiva. Infatti, sapere che ci sono diverse strade da percorrere per curare il suo tumore, mette il paziente nella condizione di affrontare la diagnosi con maggiore forza, speranza e resilienza a vantaggio dell’aderenza alle terapie e al loro successo. Ci sono due step nella comunicazione: uno è quello diretto, il momento in cui si deve parlare della diagnosi e della prognosi; questo è un passaggio delicato perché anche se il medico parla in modo chiaro e rassicurante, le sue parole risuonano e continuano a risuonare nella mente del paziente per molto tempo, anche quando l’incontro è terminato, dando luogo a dubbi, incertezze, incomprensioni e ulteriori domande; vi è poi il secondo step, quando la comunicazione si struttura, prosegue, evolve e si mantiene nel corso dei mesi e degli anni man mano che medico e paziente con l’aiuto del caregiver approfondiscono la loro conoscenza lungo il percorso di cura e del follow up. È indubbio che servono molto tatto e delicatezza da parte dello specialista, il paziente dal canto suo sedimenta lentamente le parole e le informazioni da cui possono scaturire nuove paure e nuovi dubbi. Il medico deve saper dare risposte e deve intuire quanto e come il paziente è in grado di recepire le sue parole. Bisogna evitare che si creino schermi da entrambe le parti».