Batteri resistenti negli ospedali: la nuova strategia che può salvare vite

Negli ospedali, i batteri resistenti agli antibiotici sono una minaccia silenziosa ma letale. Un recente studio pubblicato su Science (31 luglio 2025) propone un approccio innovativo per prevenire la loro diffusione, basato su sorveglianza mirata, isolamento dei pazienti a rischio e uso strategico degli antibiotici.
Questa nuova strategia punta a interrompere la catena di trasmissione dei cosiddetti “superbatteri” prima che possano diffondersi tra pazienti e personale sanitario.
Perché la resistenza agli antibiotici è una minaccia globale
I batteri resistenti agli antibiotici rappresentano oggi uno dei problemi sanitari più gravi a livello mondiale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’antibiotico-resistenza è tra le 10 principali minacce globali alla salute pubblica.
Negli ospedali, dove convivono pazienti fragili e malattie infettive, il rischio di diffusione è elevato. I patogeni più temuti includono:
- Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi.
- Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione.
- Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA).
Questi batteri possono rendere inefficaci i trattamenti standard, costringendo i medici a ricorrere a farmaci più costosi, tossici e meno disponibili.
Come funziona la nuova strategia di prevenzione
Il modello testato nello studio si articola in tre fasi principali:
- Screening mirato
Tutti i pazienti con fattori di rischio (provenienza da altri ospedali, recenti interventi chirurgici, precedenti infezioni resistenti) vengono sottoposti a tamponi e test rapidi già al momento del ricovero. - Isolamento preventivo
I pazienti portatori di batteri multiresistenti vengono ricoverati in stanze singole o in aree dedicate, con personale e dispositivi di protezione individuale (DPI) specifici per ridurre il rischio di contagio. - Uso responsabile degli antibiotici
Le terapie antibiotiche vengono prescritte solo quando strettamente necessario e sulla base di analisi microbiologiche, evitando trattamenti empirici prolungati che favoriscono la selezione di ceppi resistenti.
I risultati dello studio
Lo studio, condotto in un network di ospedali europei, ha monitorato per 12 mesi l’impatto della strategia rispetto alle procedure standard. I dati hanno mostrato:
- Riduzione del 30% delle infezioni da batteri multiresistenti.
- Diminuzione dei giorni di degenza media per i pazienti colpiti.
- Riduzione dell’uso di antibiotici ad ampio spettro, con conseguente calo della pressione selettiva sui batteri.
Un investimento che fa risparmiare
Oltre ai benefici per la salute, il modello si è dimostrato economicamente vantaggioso:
- Meno giorni di ricovero = minori costi ospedalieri.
- Meno trattamenti complessi = risparmio su farmaci costosi.
- Meno complicanze = riduzione dei costi legati a terapie intensive.
Gli autori sottolineano che ogni euro speso in prevenzione può farne risparmiare fino a cinque in costi di cura.
Ospedali più sicuri, ma non solo
Questo approccio non si limita agli ospedali:
- Può essere adottato nelle case di riposo, dove le infezioni sono frequenti.
- È applicabile nelle cliniche e in contesti di emergenza sanitaria, come le epidemie di influenza o altre malattie trasmissibili.
- Può essere integrato in programmi nazionali di antimicrobial stewardship (gestione responsabile degli antibiotici).
Fonte: Science, 31 luglio 2025, “Preventing hospital spread of antibiotic-resistant bacteria through targeted surveillance and isolation” (traduzione e adattamento redazionale).