Colangite biliare primitiva: cosa succede dopo il ritiro del farmaco

La colangite biliare primitiva è una malattia autoimmune rara che colpisce i dotti biliari all’interno del fegato, provocando un’infiammazione progressiva che può portare a gravi danni epatici. Fino a pochi mesi fa, i pazienti potevano contare su un farmaco di seconda linea che offriva benefici terapeutici significativi. Tuttavia, lo scorso dicembre, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha disposto la revoca della molecola dal commercio, lasciando un vuoto assistenziale che oggi colpisce duramente i pazienti italiani.
A differenza di quanto accaduto in altri Paesi europei come Francia e Spagna, dove sono state trovate soluzioni transitorie per garantire la continuità terapeutica, in Italia i malati si sono ritrovati senza alcuna opzione alternativa approvata. E mentre la sospensione della terapia rappresenta un rischio concreto per la loro salute, il sistema sanitario nazionale fatica a offrire risposte tempestive.
Il confronto con AIFA: luci e ombre di un dialogo ancora aperto
Durante la conferenza stampa, è intervenuta anche AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che ha avviato un confronto con le associazioni pazienti, annunciando l’imminente autorizzazione di nuove molecole terapeutiche. Un segnale incoraggiante, ma che non basta a rassicurare chi ha già visto interrompersi bruscamente la propria cura.
Nonostante le richieste, non è stata autorizzata l’attivazione del Fondo 648, che avrebbe permesso, in deroga, di continuare la somministrazione del farmaco ritirato, in attesa delle nuove approvazioni. Un’occasione mancata che ha lasciato grande delusione tra i pazienti presenti.
“Nel nostro Paese non è stata garantita la continuità terapeutica,” ha dichiarato Leni Malavasi, “mentre altrove sono state trovate soluzioni efficaci anche durante la fase di transizione. Dove sono le istituzioni? Chi si assume la responsabilità di tutelare la salute di questi pazienti?”
Il diritto alla cura è un diritto costituzionale
Il caso della colangite biliare primitiva riporta l’attenzione su una questione più ampia: la tutela del diritto alla salute come principio costituzionale. Scaricare le responsabilità sulle singole Regioni o rimandare l’approvazione di farmaci alternativi non può essere considerato sufficiente, soprattutto in presenza di malattie rare che richiedono interventi mirati e tempestivi.
La mancata continuità terapeutica non è solo un problema sanitario, ma un segnale preoccupante di disuguaglianza nell’accesso alle cure. Chi vive con una malattia rara come la colangite biliare primitiva non può essere lasciato solo.
Conclusioni: servono risposte immediate
La colangite biliare primitiva non può più aspettare. Serve un’azione urgente e coordinata per garantire l’accesso alle terapie, senza interruzioni. Il dialogo con AIFA è un primo passo, ma i pazienti attendono soluzioni concrete.