Mielofibrosi: al centro dell’attenzione i bisogni dei pazienti e dei caregiver
Un Libro Bianco, un manifesto e una rete di associazioni per migliorare diagnosi, cure e supporto psicologico nella mielofibrosi, una rara neoplasia del sangue che impatta su ogni aspetto della vita.
La mielofibrosi è una malattia rara del sangue che appartiene alle neoplasie mieloproliferative croniche. È caratterizzata da una progressiva fibrosi del midollo osseo che ostacola la normale produzione di cellule ematiche. Colpisce soprattutto adulti e anziani, ma può manifestarsi anche in età più giovane. I sintomi includono stanchezza intensa, ingrossamento della milza, dolori ossei, anemia e calo del peso corporeo.
Il problema principale non riguarda solo l’aspetto clinico: la mielofibrosi è una diagnosi che cambia la vita e coinvolge anche la rete familiare, emotiva e sociale del paziente. Per questo motivo, informazione, sostegno psicologico e diritti dei caregiver sono diventati temi centrali del progetto “Uniti per la Mielofibrosi”, presentato a Roma da un gruppo di associazioni pazienti e fondazioni attive in ambito oncoematologico.
Il cuore dell’iniziativa è un Libro Bianco, accompagnato da un manifesto programmatico, che raccoglie le richieste più urgenti delle persone che convivono con la malattia: maggiore accesso alle terapie innovative, percorsi di presa in carico personalizzati, supporto psicologico strutturato e riconoscimento del ruolo del caregiver.
Che cos’è un caregiver?
È la persona che assiste il malato lungo il percorso di cura. Non è un sostituto del paziente, ma un riferimento costante, emotivo e pratico. Come spiega Patrizia Vitali, direttrice della Fondazione Renata Quattropani ETS, il caregiver ha bisogno di formazione, informazioni chiare e strumenti per affrontare una condizione che può durare mesi o anni, spesso senza preparazione e supporto adeguati.
Un altro pilastro evidenziato dal progetto è la necessità di fare rete tra associazioni, come sottolinea Maurizio Lucidi, presidente di Aprotion. Solo unendo competenze, dati, testimonianze e risorse è possibile garantire ai pazienti una vera “mappa” della malattia: dove curarsi, a chi rivolgersi, come accedere ai trattamenti più avanzati.
E poi c’è la dimensione emotiva, spesso ignorata nei reparti ospedalieri ma determinante per l’aderenza terapeutica. La psicologa e psicoterapeuta Gabriella De Benedetta, dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, ricorda che la presenza di uno psiconcologo in reparto non aiuta solo il paziente, ma anche i medici. Accogliere emozioni, paure e stress rende il percorso di cura più umano, uniforme e sostenibile.
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Parlare di mielofibrosi oggi significa parlare di equità, consapevolezza e diritti. Significa superare il modello “malattia = terapia” per abbracciare un approccio globale che tenga conto della persona, della famiglia e della rete sociale.
Prevenzione, informazione e alleanza tra professionisti, istituzioni e comunità sono gli strumenti più potenti per cambiare il futuro di chi convive con questa neoplasia rara.
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