Diabete e sport: la sfida degli atleti esclusi e il sogno olimpico ancora vietato

Una legge del 1933 impedisce ai giovani con diabete tipo 1 di entrare nei gruppi sportivi militari. Ma oggi, grazie ai progressi scientifici, è tempo di rimuovere uno stigma che non ha più alcuna base medica.
Quando il diabete diventa ostacolo non per il fisico, ma per la legge
In Italia, esiste ancora una norma del 1933 che vieta ai soggetti affetti da diabete di tipo 1 di far parte dei gruppi sportivi militari. Un vincolo anacronistico che, di fatto, impedisce a giovani atleti con diabete di diventare professionisti, tagliandoli fuori da percorsi di carriera sportiva strutturati e sostenibili.
Eppure, oggi più che mai, diabete e sport possono convivere. E non solo: lo sport può diventare una vera e propria terapia per la gestione della patologia, fisicamente e psicologicamente. È quanto emerso durante l’evento svoltosi nella Sala Giunta del CONI a Roma, in occasione della presentazione del libro “Diabete a cinque cerchi”, dedicato proprio a questa battaglia di civiltà.
Testimonianze di rinascita: quando lo sport aiuta a vivere meglio con il diabete
Protagonisti dell’incontro sono stati due atleti azzurri, Anna Arnaudo (atletica leggera) e Giulio Gaetani (scherma), che hanno raccontato con forza e commozione cosa significhi allenarsi ogni giorno convivendo con il diabete tipo 1.
Anna, colpita dalla malattia a 18 anni, ha trovato nella disciplina sportiva un’occasione di crescita personale. «Il diabete mi ha insegnato a prendermi cura di me – ha detto – e in un certo senso lo ringrazio: mi ha spinto a vivere in modo più consapevole».
Giulio ha rincarato: «Quando ho scoperto che per noi atleti diabetici era più difficile inseguire il sogno olimpico, ho deciso che avrei voluto raggiungerlo ancora di più».
Le loro storie smentiscono ogni pregiudizio: fare sport con il diabete è possibile, ed è spesso un elemento determinante per l’equilibrio glicemico e la qualità della vita.
Diabete, stigma e tecnologie: cosa è cambiato nel 2025
Nel 2025, il diabete non è più quello di un tempo. L’uso di sensori per il monitoraggio continuo della glicemia, pompe per insulina e farmaci intelligenti consente oggi a chi convive con la patologia di condurre una vita attiva e, con la giusta preparazione, praticare sport ad alto livello.
Come sottolineato dagli esperti intervenuti, ciò che davvero serve è:
- formazione mirata
- un team diabetologico competente in ambito sportivo
- una cultura dello sport inclusiva
Il vero ostacolo, oggi, è lo stigma sociale e una normativa che non tiene conto dell’evoluzione scientifica e tecnologica. Per questo il libro “Diabete a cinque cerchi” vuole essere anche un atto politico, un invito al cambiamento.
Un libro, una battaglia, un cambio di passo necessario
Il volume raccoglie testimonianze di atleti, medici e specialisti per dimostrare che il diabete non è un limite, ma una condizione da conoscere e gestire. E che non può più essere un criterio di esclusione.
Anche il campione olimpico Maurizio Damilano, presente all’evento, ha preso posizione: «L’Olimpiade è il sogno di ogni atleta. Oggi, negare l’accesso ai gruppi sportivi militari significa impedire a tanti ragazzi di volare verso quel sogno. È una disuguaglianza che va sanata».
Guarda il video e scopri le voci dei protagonisti
Vuoi ascoltare direttamente le testimonianze degli atleti e degli esperti che stanno cambiando la narrazione del diabete nello sport? Guarda ora il nostro approfondimento video direttamente dal CONI:
Conclusione: è tempo di superare il pregiudizio
Il diabete tipo 1 non è più una condanna, e lo sport è uno dei migliori alleati nella sua gestione. Ma perché questo connubio possa realizzarsi pienamente, è necessario cambiare la legge e la mentalità. Non si tratta solo di diritto allo sport, ma di diritto all’uguaglianza e alla realizzazione personale.
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