È emergenza malattie croniche del fegato: 2 milioni di decessi nel mondo
Le malattie epatiche tra i temi della Summer School 2022 di Motore Sanità
Con due milioni di decessi all’anno nel mondo le malattie croniche del fegato rappresentano un’emergenza globale. La disponibilità di nuovi farmaci, specie per l’epatite C, negli ultimi anni ha modificato lo scenario epidemiologico facendo sperare in un’eradicazione dell’infezione e delle sue conseguenze a lungo termine. In realtà ancora molto resta da fare, specie per far emergere il sommerso. Sono in ascesa, inoltre, nuove cause di malattie epatiche e la complessità della loro gestione rimarca l’urgenza di nuovi modelli di organizzazione; in questo ambito le risorse del PNRR potrebbero fornire un importante contributo.
Sono questi alcuni dei temi dell’incontro dedicato alle patologie epatiche nell’ambito della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente” organizzata da Motore Sanità, in corso ad Asiago fino al 23 settembre, organizzato con i mediapartner di Dentro la Salute, Eurocomunicazione, Mondosanità e Sì Salute e Innovazione.
“Le malattie croniche del fegato causano ogni anno 2 milioni di decessi nel mondo, 1 milione per la cirrosi e 1 per le epatiti acute e l’epatocarcinoma”, illustra Paolo Angeli, Direttore Clinica Medica V – Università di Padova.
La cirrosi, in particolare, rappresenta la 13° causa di morte nel mondo e la 7° in Europa. “Negli ultimi anni abbiamo ridotto il tasso di mortalità per cirrosi soprattutto nei Paesi industrializzati. Abbiamo fatto molto bene anche in Regione Veneto con i tassi passati da oltre 35 ogni 100mila abitanti a 16 nei maschi e a 9 nelle donne. Una riduzione per tutte le eziologie, salvo una: la steatosi non alcolica. Si prevede che nel prossimo futuro ci sarà una pandemia di steatosi epatica non alcolica e di steatoepatite”, aggiunge Angeli che sottolinea la complessità della gestione della cirrosi, specie quando è scompensata. “Per pazienti che hanno una cirrosi scompensata c’è una drastica riduzione della sopravvivenza e un grande numero di ospedalizzazioni, basti pensare che per un paziente ricoverato la probabilità di esserlo nuovamente entro 30 giorni è vicina al 40% ed entro l’anno sfiora il 75%”.
Per questi pazienti, sottolinea lo specialista, è urgente un modello di assistenza multidisciplinare affiancato da reti territoriali. Rete che la Regione Veneto ha istituito proprio quest’anno. “Disporre di una rete regionale significa garantire a tutti i cittadini tempestività, continuità e soprattutto l’equità di accesso alle cure”, aggiunge.
Come molte altre patologie anche quelle epatiche hanno sofferto l’impatto della pandemia. “Tra le criticità che ci segnalano i nostri pazienti una delle più frequenti è la necessità di recuperare visite per diagnosi e monitoraggio dopo i ritardi accumulati durante la pandemia”, dice Ivan Gardini, Presidente Associazione EpaC Onlus. “Oggi le visite sono state in parte recuperate ricorrendo al privato e al privato convenzionato. Ma chi non ha risorse rischia di andare incontro a un inesorabile peggioramento della patologia. Ce ne stiamo accorgendo con l’epatocarcinoma: ricordo il caso di un paziente che aveva un solo nodulo ma in appena quattro mesi sono diventati otto”.
Non è l’unica criticità segnalata dai pazienti: “Molti sono costretti a fare il giro delle sette chiese chiedendo pareri su pareri, allontanandosi dal centro originale e finendo per rivolgersi a centri con minore specializzazione e possibilità di dare la cura ottimale”, aggiunge Gardini che sottolinea come la risposta a queste difficoltà anche per lui risiede nella istituzione di Reti regionali per rispondere in maniera strutturata e organizzata alle esigenze dei pazienti.
Alcune Regioni lo stanno facendo. Purtroppo esistono grandi differenze territoriali che potrebbero essere accentuate dall’adozione di modelli istituzionali che intensificassero l’autonomia regionale. “Le impalcature istituzionali richiedono un lavoro di cura. Lo abbiamo visto con la pandemia: senza lo Stato, alcune regioni fortissime sarebbero crollate sotto i colpi della pandemia e se non ci fosse stata l’Europa saremmo crollati noi tutti come Paese. Siamo tutti interconnessi”, dice l’ex ministro della Salute e coordinatrice Rete Sanità e Regioni del Pd Beatrice Lorenzin. “L’autonomia va bene ma solo se è per fare cose in più o migliore”, ha ricordato l’ex ministro. “E’ importantissimo che il fondo sanitario già a ottobre nella prossima legge di bilancio non scenda sotto il 7%, cosa che invece è destinata a fare. Ci vogliono investimenti in ricerca, in risorse umane, in innovazione, aver il coraggio di sperimentare, prendersi a cuore anche i pazienti meno numerosi, tutto questo per garantire il primo indice di democrazia che salvaguardia le democrazie e le società che è la sanità pubblica che è una grandissima occasione”.
“Quello che stiamo dicendo per patologie fegato possiamo traslarlo su tante patologie croniche. Queste difficoltà emergono con ancora più prepotenza quando siamo di fronte a pazienti che hanno bisogno di attenzioni particolari”, aggiunge Elisa Pirro, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato. “Abbiamo fatto un grande sforzo per recuperare le liste d’attesa, stanziando oltre 1 miliardo ma non è sufficiente se permangono le criticità da cui hanno avuto origine: uno su tutti, il problema del personale sanitario che va potenziato. Inoltre, è fondamentale preservare e se possibile rafforzare il finanziamento del fondo sanitario nazionale: siamo arrivati a quota 7%; per noi è imprescindibile che si resti come minimo su questo livello, ma se possibile bisogna cercare di incrementarlo e arrivare all’8%”.
Dello stesso avviso Fabiola Bologna, segretaria XII Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera dei Deputati. “In questa legislatura abbiamo posto un principio: quello che soltanto con la collaborazione tra istituzioni, società scientifiche e associazioni dei pazienti, possiamo raggiungere degli obiettivi per migliorare servizio sanitario per cittadini. Questo principio è stato determinante nella legislatura consentendoci di aprire molti tavoli di lavoro. La nuova legislatura si apre con un importante bagaglio ereditato dalla legislatura precedente e reso possibile proprio da questo principio”.