AL POLICLINICO TOR VERGATA DI ROMA, TERZA TAPPA DEL PROGETTO BRIDGE THE GAP DEDICATA ALL’ASSISTENZA NEL LAZIO DEI PAZIENTI AFFETTI DA TUMORE NEL SANGUE
Giuseppe QUINTAVALLE: “Per migliorare l’assistenza al paziente ematologico e oncologico, occorre agire in più direzioni sul concetto di fragilità, che in sé va al di là della malattia”.
Davide PETRUZZELLI: “Con questa ultima tappa regionale si completa l’osservazione dei gap, attraverso la lettura dei quali arriveremo a definire un piano di intervento nazionale da presentare alle istituzioni”.
LUCI E OMBRE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE ONCOEMATOLOGICO. I RISULTATI DELL’ANALISI A CURA DI ISHEO E LAMPADA DI ALADINO NEL LAZIO
Carenza di adeguata copertura ematologica in vaste aree della regione, presenza di presidi con limitate possibilità diagnostiche e terapeutiche per disparità di risorse, pochissimo supporto psicologico, mancanza di continuità di presa in carico tra ospedale e medico di famiglia: sono alcuni dei gap vissuti da pazienti oncoematologici che risiedono nella Regione Lazio. A illustrarli è stato l’ultimo appuntamento regionale del progetto BRIDGE THE GAP – Insieme per una nuova assistenza ai pazienti oncoematologici, a cura di Isheo srl e La Lampada di Aladino ETS, associazione fondata da ex pazienti, tenutosi al Policlinico Tor Vergata di Roma. Il progetto BRIDGE THE GAP, realizzato con il supporto non condizionante di Astellas Pharma, Astrazeneca e Roche, ha l’obiettivo di individuare i GAP da colmare in termini di criticità e di prestazioni erogate per ottimizzare il percorso di cura dei pazienti affetti da tumore del sangue e costruire, infine, uno scenario auspicabile sul piano nazionale. Per far questo, è stata eseguita un’indagine in 3 Regioni italiane (Lazio, Lombardia e Puglia) coinvolgendo per ciascuna regione 5 stakeholder di riferimento. L’intera ricerca, è validata da un comitato scientifico composto da sei ematologi.
“Per migliorare l’assistenza al paziente ematologico e oncologico, credo che oggi si debba agire in più direzioni sul concetto di fragilità, che in sé va al di là della malattia oncologica – ha detto introducendo i lavori Giuseppe Quintavalle, direttore generale della Fondazione Policlinico Tor Vergata –. Per esempio, sulle modalità di presa in carico, la de-burocratizzazione del sistema può aiutare ad avere più tempo da dedicare al paziente e può aiutare a individuare precocemente i bisogni, non solo sanitari. Soprattutto può favorire la domiciliarità del paziente anche nelle fasi terminali, con accompagnamenti e aiuti, ed evitando il ricorso a ricoveri inappropriati. Il cambiamento culturale è in atto, non possiamo più tornare indietro. Dobbiamo altresì agire sulle inappropriatezze, che esistono nel sistema e da queste ricavare poi una parte dei fondi necessari per realizzare il cambiamento assistenziale”.
Dai dati provenienti dal Ministero della Salute – Piano Oncologico Nazionale documento di pianificazione 2023/2027 – l’incidenza complessiva delle neoplasie ematologiche è di circa il 10% rispetto a tutti i tumori, e linfomi e leucemie si classificano rispettivamente come l’ottava e la nona causa di morte per neoplasie.
Quella nel Lazio è l’ultima tappa regionale del progetto Bridge the Gap. “L’individuazione dei gap – precisa Davide Petruzzelli, presidente di Lampada di Aladino ETS – è un punto di partenza per un confronto a cui hanno partecipato tutti gli stakeholders: oncologi, farmacisti ospedalieri, medici di medicina generale, pazienti, manager sanitari. Perché solo ascoltando tutti si può pensare a un cambiamento appropriato e sostenibile. Il messaggio chiave che ne emerge è la necessità di creare sinergie tra ospedale e territorio, per avere cure più prossime ai cittadini come prevede il PNRR, da un lato, e una organizzazione di qualità come disegna il Piano Oncologico Nazionale, dall’altro. In ematologia oncologica l’innovazione inizia a cambiare la storia di alcune patologie e proprio per questo è indispensabile coniugarla con una qualità di vita che non tenga conto solo degli aspetti strettamente clinici”.
Per quanto riguarda il focus sul Lazio, “al fine di poter coniugare una maggiore omogeneità nell’accesso ai servizi sanitari con la qualità delle cure – ha chiarito Adriano Venditti, Ordinario di Ematologia, Università di Roma Tor Vergata Direttore UOC Trapianto Cellule Staminali e UOSD Patologie Mieloproliferative Azienda Policlinico Tor Vergata – è importante affrontare il tema dei modelli organizzativi e delle scelte di politica sanitaria. Essenziale è l’adozione di Linee di indirizzo da parte delle Regioni per creare sinergie tra medicina territoriale ed ospedaliera, rendendo meno complesso il percorso del paziente per accedere alle cure, all’assistenza e alla riabilitazione. In quest’ottica, il ricorso alla telemedicina e l’uso di percorsi diagnostico terapeutici caratterizzati da multidisciplinarietà, rappresentano un valore aggiunto”.
Il progresso nella ricerca scientifica e l’avvento di terapie innovative e personalizzate hanno permesso, negli ultimi anni, che ci fossero più opportunità per la cura delle neoplasie ematologiche, con un netto guadagno a favore nella qualità di vita dei pazienti da un punto di vista di effetti collaterali, tollerabilità della terapia e risultati terapeutici. “Oggi guarisce il 70% delle persone colpite da tumori del sangue. Quindici anni fa questa percentuale non superava il 30%. Conoscere i gap dell’assistenza ad essi rappresenta il punto di partenza imprescindibile – conferma Maria Teresa Voso, Ordinario di Ematologia, Direttore UOSD Diagnostica avanzata Oncoematologica, Azienda Policlinico Tor Vergata – Per far sì che ciò accada è necessario però che tutti gli stakeholders coinvolti nel percorso di cura dei pazienti ematologici siano resi partecipi del cambiamento, obiettivo cardine del progetto BRIDGE THE GAP. Questo può contribuire, infatti, a indirizzare il percorso del paziente in termini di appropriatezza diagnostica e terapeutica, tempestività delle cure, di un’adeguata assistenza cioè dalla comunicazione della diagnosi, alla spiegazione del percorso terapeutico e al follow-up. In questo contesto, i fabbisogni insoddisfatti dei pazienti e familiari comprendono inoltre l’attuazione di un programma di assistenza smart a domicilio, già nelle fasi precoci della malattia, che permetta una gestione personalizzata delle problematiche soprattutto nei pazienti anziani. Questo richiede il coinvolgimento di personale medico, ma anche infermieristico e di supporto, con l’obiettivo della gestione integrata”.
Va in questa direzione il progetto pilota “Home Delivery” a cura della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), illustrato da Marcello Pani. Il progetto, ha spiegato Pani, segretario nazionale SIFO, sta partendo in 4 Regioni (Veneto, Lazio, Abruzzo e Campania), attraverso un’attività integrata ospedale e territorio che coinvolge anche le farmacie di comunità. “In sintesi, si tratta di un progetto pilota di assistenza a domicilio, in partenza nelle prossime settimane, che vuol essere trasversale e universale – specifica Pani – Si adatta a quei pazienti che, in generale, hanno problematiche di fragilità, di residenza disagiata da un punto di vista geografico e di assenza di supporto sufficiente di caregivers. Per i pazienti onco ematologici, questo progetto consentirà di fornire a domicilio terapie orali classificate in fascia H. Ricevendo il farmaco a casa, si vuole azzerare il disagio per il paziente di recarsi in ospedale. Contemporaneamente, questo vantaggio logistico di natura pubblica aiuta anche il SSN perché il farmaco viene consegnato in sicurezza nel momento e nella quantità giusta, evitando attese e sprechi. Inoltre, al paziente viene dato anche un software, un’app scaricabile sul proprio pc, tablet o smartphone, con la quale inserire e gestire in modo autonomo tempi e modalità individuali di somministrazione del farmaco. Tutto ciò innesca – precisa Pani – un percorso virtuoso di informazioni e di dati condivisi con i clinici che permettono di garantire l’aderenza terapeutica, oltre che registrare e correggere eventuali eventi avversi”.
”Sulla base della Gap Analysis svolta anche in Puglia e Lombardia, verrà infine costruito un modello sostenibile di gestione dei pazienti con tumori ematologici che confluirà in un Piano di Intervento nazionale indirizzato a tutte le regioni italiane, alle aziende sanitarie locali e ai centri di cura dei pazienti con neoplasie ematologiche”, spiega Davide Integlia, Ceo di ISHEO, società impegnata nell’analisi e ricerca di strumenti e proposte per contribuire a superare i bisogni medici insoddisfatti, agendo sul fronte della ricerca e della divulgazione, attraverso il coinvolgimento di tutti gli stakeholders che entrano in gioco nella cura del paziente.
Il Piano di Intervento operativo avrà il compito di definire i punti cardine i dell’assistenza al paziente oncoematologico, per rendere le cure uniformi su tutto il territorio e sarà presentato il prossimo 30 maggio al convegno nazionale BRIDGE THE GAP che si terrà a Roma, a Palazzo Ferrajoli.
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